5/29/2013

HARU WO DAITEITA ~ TRA CINEMA E VOJEURISMO

  
“Pensare la pornografia: tutti la consumano, nessuno sa cos’è”.
Ruwen Ogien, famoso filosofo francese contemporaneo, intitola così il suo saggio sulla pornografia: perché, in fondo, qualcuno dovrà pur parlarne! Marcuse, Bataille, Freud…tanti, molti più di quanti immaginiamo, sono i ricercatori coinvolti in questi studi, e tante sono le opere dedicate alla loro analisi, lavori che tentano di svelare -al di là di quella che Marcuse chiama desublimazione- cosa davvero essa sia e come funzioni.
Ma perché questa introduzione tanto “filosofica”, per poi finire a parlare di porno?
Tralasciando il fatto che dietro alla pornografia vi è tutto un processo profondo e strutturato di psicanalisi, in realtà essa fa da contorno a tutta l’opera che sto per mostrarvi: perché sì, parlando di pubblico, di cinema, di disegno, c’è un certo sentore voyeuristico nell’aria!
Haru wo daiteita (La primavera tra le braccia, o in inglese americano Embracing Love) è uno yaoi manga di Youka Nitta in 14 volumi, ancora in corso e inedito in Italia: sospeso a causa dell’accusa di plagio (l’autrice si ispirava per le sue tavole a colori a famose pubblicità di Versace, Cavalli, NYK, Armani), è bloccato da qualche anno, anche se l’autrice sembra essersi rimessa al lavoro proprio di recente.
Era il lontano 1999, un’età romantica se la si guarda da dove siamo adesso: non per altro, Buronson fa iniziare Hokuto no Ken  nel ’99, e lo stesso fanno le Clamp con X1999; ma questa data trascina con sé anche tutta l’eredità dei mitici Nineteens, fatta di boyband, Riky Martin, la Macarena, scolli a V, gel per capelli a colate e un certo retrogusto pacchiano (che, a dirla tutta, a noi piace tanto).
In questo clima non ancora vessato dalla crisi economica, anzi sempre più accanito nella corsa alla digitalizzazione, si svolge una storia diremmo…erotico-dramamtica.
“I due pornodivi Katou e Iwaki vogliono abbandonare il mondo degli AV e sfondare come attori in piena regola. L’ultima ancora è un film erotico omosessuale, tratto da un recente libro di grande successo (intitotolato appunto Haru wo daiteita): ingaggiati per il provino, ai due viene chiesto di improvvisare una scena hard. Anche se nessuno dei due ha mai avuto rapporti omosessuali (scopriremo dopo che invece Katou è navigato), lo spirito di competizione per ottenere la parte vince sul pudore, e accettano: sarà l’inizio di un risvolto inaspettato. Il biondo e giovane Katou si innamorerà in modo folle e determinato, tale che sarà impossibile non essere ricambiato: nulla, né la stampa, né la televisione o la fama potranno impedirgli di amare il suo passionale e bellissimo Iwaki”.
Insieme a una manciata di altri, Harudaki (così abbreviato dai fans) è uno degli yaoi più famosi in assoluto, nonché l’opera più nota della Nitta: dotata di uno stile inconfondibile come il marchio della Coca Cola, la Nitta utilizza sempre personaggi al limite della società e della legalità (pornoattori, yakuza, gigolò) dotati di un fascino da bad boy anni ’90. Manga come 17 Guyz, Kiss Ariki, Nightcap parlano in modo crudo e senza censure di un mondo non troppo romanzato, ma anzi duro e opportunista, che intrappola i giovani protagonisti fino a sottrargli quella genuinità e l’amor proprio che ogni uomo dovrebbe possedere: spaventati dall’invecchiamento, legati unicamente al culto del corpo, del sesso e senza prospettive, vengono riportati a galla dal più improbabile dei sentimenti. Ma come possono delle persone così assuefatte alla poetica del corpo lasciarsi trasportare dall’amore? Troppo inverosimile, o almeno credibile?
Cos’è che rende convincente una storia del genere?
Partiamo dal presupposto che Harudaki è un’opera totalmente sui generis: non esiste un manga equivalente in tutto il mercato editoriale, non solo per la grafica (che se vogliamo è abbastanza elementare, con le sue linee spezzate e compatte), ma soprattutto perché valide mangaka come la Pyoko e la Minami – affrontando argomenti simili- cadono nel semplice e puro hentai, senza mostrare nemmeno un briciolo di quella profondità emotiva che contrappone un uomo maturo e un giovane di belle speranze. Nel nostro caso ci troviamo di fronte alla relazione tra il giovane Katou e il più maturo Iwaki: mentre lo stereotipo moderno si basa sulla fissità attivo-passivo/seme-uke, Harudaki sviluppa il tema della una nuova identità sessuale acquisita da due uomini che per la prima volta affrontano una relazione omosex. E’ un gioco di ruoli molto complesso, che ricorda tanto la fatidica scena in tenda tra Ennis Del Mar e Jack Twist in Brokeback’s Moutain: quasi una lotta tra leoni, uno scontro tra dominatore e dominato, in cui tutto può cambiare in base all’equilibrio emotivo. Così il maggiore Iwaki inizia come seme, ma funge da uke: al contrario, dopo il loro matrimonio all’estero, sarà sempre chiamato “husband”, mentre Katou “bride”. Questo è un po’ come dire che in casa i pantaloni può portarli l’uomo quanto la donna!
E’ in questa sua apertura mentale che l’autrice dimostra di essere una vera pioniera.
Ovviamente, come ogni yaoi che si rispetti, Harudaki ha anche la sua dose di erotismo: e qui la brava disegnatrice lascia ben poco all’immaginazione, unendosi a quelle poche autrici “tutto o niente” che preferiscono non censurare i genitali, rendendo le tavole meno sognanti e più realistiche. Nella dinamica del rapporto invece non vi è mai una stabilità: tutto può invertirsi, scambiarsi, finire improvvisamente dopo un pianto, una confessione, un semplice abbraccio. Quello che più si ama di quest’opera è infatti la delicatezza d’animo, la dolcezza, quel momento di stasi sospeso in un bacio a fior di labbra, nella descrizione di una coppia in cui i due componenti si compensano a vicenda: il dolce, romantico e gelosissimo Katou e l’appassionato, maturo e comprensivo Iwaki.

Aimable.
C’est ne pas?
Ma non manca mai un redire in se ipsum: quando -dopo una scommessa persa da Katou- Iwaki è costretto a baciare un altro, le sue parole non sono per niente aimables.
“Io sono pursempre un attore di AV, e certe cose non mi inibiscono per niente”.
Certamente il potenziale dell’opera è per il 60% imputabile al fascino di questo uke/seme dall’animo ambiguo: Kyosuke Iwaki, trentaduenne dotato di un fascino magnetico e di una flemma spettacolare. La parallela opera When a Man loves a Man fa pensare che in passato Iwaki sia stato un gigolò, ma molto probabilmente si tratta del riutilizzo di un personaggio di grande successo: dal punto di vista caratteriale, nel volume autoconclusivo egli è molto più sadico ed egocentrico, mentre in Harudaki fa sfoggio del suo perfetto sguardo felino, del fascino naturale di cui è dotato e del sentimentalismo represso che il suo amante risveglia costantemente. Meno attraente perché più umano, infatti, Youji Kato è la forza giovanile che si nutre di ciò che la circonda e gli dona nuova vita: non il tipico blondie, ma nemmeno uno particolarmente atipico; piuttosto, il simbolo di uno scontro generazionale che permette ad entrambi i personaggi di progredire verso un futuro luminoso.
Sicuramente eccezionale l’attenzione che l’autrice dà ai valori del lavoro, dell’indipendenza, dell’orgoglio, e della famiglia: tutto ruota attorno a questi cardini, e nemmeno una passione soffocante può impedire l’autorealizzazione, soprattutto in questo mondo del cinema pronto a sostituirti al minimo errore. Notevole anche la caratterizzazione dei protagonisti come uomini con i piedi per terra: con questo voglio dire che non ci sono da parte loro pretese di riconoscimento, la volontà onnipresente di essere accettati come coppia, l’impossibilità della procreazione… Nulla di tutto ciò: a Iwaki e Katou importa solo di loro stessi e della loro felicità, in un’egoistica ma genuina rappresentazione di quella che chiamiamo generalmente coppia di fatto, ma che chiamerei benissimo anche coppia di diritto.
Insomma, un manga completo, moderno, profondo e realista, segnato da quei principi che oggi sembrano tanto retrò, ma che farebbero tanto bene agli animi moderni: nemmeno una volta i due protagonisti si chiamano per nome, solo e sempre per cognome, in una meravigliosa dimostrazione di rispetto e individualismo. Come per dire: l’amore rende un cuore ma due spiriti, e nella sopravvivenza dell’Io sta la conquista del Vero Amore. Je est un autre, diceva Rimbaud: un altro da rispettare, da amare, accettare, educare, lo stesso altro in cui ci immedesimiamo guardando un film, percependo le sue stesse emozioni, amando, odiando, tremando esattamente come lui; l’Io che davanti allo specchio si guarda e si riconosce (Lacan), che si innamora di sé, si accetta e costruisce il proprio futuro. E’ proprio qui che il confronto pornografia/cinematografia dà i suoi massimi frutti: la pornografia è straniamento, sublimazione, fantasia, feticismo; il cinema è riconoscimento, condivisione, catarsi, desublimazione. Proprio questo è il percorso di crescita dei due amanti: il passaggio dal fuori al dentro, una decostruzione spirituale e una rinascita professionale, dove il piacere fisico si fonde a quello spirituale e richiama nostalgicamente un leggendario sentore di felicità.

E a noi non resta che guardare.

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